Mi sento in dovere di scrivere per argomentare il mio punto di vista, che nella mia testa sembra complesso ma che forse è solo confuso: per onestà intellettuale però, devo metterlo nero su bianco. Il mio è un punto di vista che non è nemmeno retoricamente intermedio tra pacifismo e realpolitik, essendo più sbilanciato verso la seconda, ma è comunque intriso di desideri utopistici di un mondo multipolare che lo rendono non una semplice analisi dello status quo ma una impossibile soluzione alla empasse a cui si è arrivati. Questo non perché io abbia l’arroganza di pensarmi più intelligente di tutti i numerosi altri che ne hanno scritto e ne scrivono, ma proprio per il contrario: dal momento che io sono nessuno, senza un potere di influenzare alcuno, il mio è un punto di vista leggero e scevro di responsabilità, se non quelle che mi prendo scrivendo.
Partiamo dalla guerra in Ucraina, che a seconda di quello che si vuole (di)mostrare può essere retrodatata sino a Pietro il Grande. La soluzione più veloce della guerra è la resa incondizionata dell’Ucraina e il suo smembramento in favore principalmente della Russia, ma a ben vedere non sarebbe nemmeno la fine della guerra: anche a voler essere cinici e disinteressarci del destino di milioni di persone (cosa che si fa rispetto ad altre parti del mondo, mi viene da dire perché non sono bianchi e cristiani), una volta che si accontenta una potenza sulla annessione di qualcosa, detta potenza vorrà qualcos’altro, per il concetto stesso di impero, che è universale. La resa dell’Ucraina non sembra una soluzione. Un’altra soluzione potrebbe essere la sconfitta dell’invasore, che richiede però di essere definitiva, poiché non sarà una ipotetica caduta del regime di Putin a portare un governo della Russia a non volere più un impero: i Russi si considerano un impero da prima del 1999 e continueranno a farlo per molto, se non gli si offre una alternativa valida. Se non può né vincere la Russia, né perdere, bisogna sparigliare le carte in tavola ed evitare che una guerra prolungata abbia ripercussioni sul mondo intero: sugli occidentali per questioni economiche, sui meridionali per questioni alimentari, sugli asiatici perché l’indebolimento eccessivo della Russia lascia una egemonia impensabile alla Cina.
E veniamo ad una parte più “filosofica”. Il pacifismo, che è l’unica filosofia con una base ideologica solida, ha il problema di trovare una strada che passi essenzialmente dal rovesciamento dei rapporti di forza interni sia agli occidentali che agli altri. Può una resistenza pacifica in Ucraina sconfiggere i Russi? Forse sì, nel lungo periodo, anche se le strategie genocide possono stroncare anche il pacifismo più solido. Può una resistenza pacifista insinuarsi fuori dal blocco occidentale? Forse prima dovrei chiedere se è trasversale a tutto il blocco occidentale, prima di uscirne. Chi parla di scontro di civiltà o più blandamente di scontro di culture, tende ad usare come sinonimi le vicinanze ideologiche e le alleanza militari, ma guardando bene non è assolutamente così. Le stesse alleanze non sono così nette: la NATO è l’unica che sia legalmente definita come tale, ma nei fatti produce gerarchie che non hanno molto a che fare con la cosiddetta “civiltà occidentale”. Se infatti il modello capitalista ha concluso la storia nel 1989, vi sono abissi tra il capitalismo cinese, quello europeo, quello USA, eccetera. Anche limitandoci al rapporto USA-Europa, ci sono delle differenze nell’impostazione della democrazia non piccole: lo stato sociale e il multilateralismo sono tipicamente europei, negli USA vige la pena di morte, l’uso personale di armi da fuoco e di fatto il reato di tortura. Potrei fare esempi invertiti probabilmente, ma vorrei fosse chiaro che mi risulta difficile pensare che gli USA siano culturalmente simili a noi perché siamo legati militarmente ed economicamente a loro da quasi 80 anni: quello che hanno fatto è stato toglierci le castagne dal fuoco tante volte, intervenendo in un conflitto che era di fatto una guerra civile tra nazisti e democratici, non tra nazioni. Ancora, dopo, ci hanno difeso dai Russi e dal loro imperialismo, ma da allora sono passati 30 anni e nel frattempo l’Europa ha cresciuto altre generazioni, altre persone.
Se l’accusa di non essere una civiltà come la nostra agli USA vi turba (ma la democrazia non è solo suffragio universale), allora vi propongo qualcosa di più digeribile, anche se ha un sapore altrettanto amaro: la guerra in Siria e Iraq. Il principale avversario dello Stato Islamico sul campo è il Confederalismo Democratico, che io conosco solamente perché leggo fumetti e guardo Youtube. Tra i nemici dello Stato Islamico, ma anche del Confederalismo Democratico, c’è la Turchia di Erdogan, che è uno dei principali alleati della NATO e l’unico in grado di trattare con la Russia. La Turchia inoltre fa molto del lavoro sporco per conto e pagata dall’Europa, per quanto riguarda i migranti: da questo punto di vista la mia cultura non è nemmeno quella europea. Quando parliamo di scontro fra civiltà, la Turchia da che parte sta?
Mi sembra evidente che l’unico scontro di cui si può parlare è quello tra imperialismi, di cui noi siamo semplicemente nati dalla parte più fortunata: non solo perché siamo più ricchi, ma soprattutto perché (ancora) abbiamo gli strumenti per capire in quale gioco siamo finiti. Attenzione: non voglio porre sullo stesso piano una democrazia imperfetta come quella americana e un totalitarismo come quello cinese, ma nemmeno ha senso mettere insieme Europa, Turchia e USA semplicemente sulla base di una alleanza militare. Stiamo combattendo una guerra per procura, tra USA e Cina, di cui Europa e Russia sono semplicemente pedine e l’Ucraina ha lo sfortunatissimo ruolo di campo di battaglia. Uno scontro tra imperi è inevitabile, finché non si raggiunge un equilibrio, che per definizione cambia nel tempo.
Il mio desiderio è aggiungere un giocatore al tavolo, sperando che sparigli le carte abbastanza se non da fermare questa guerra almeno da prevenirne le conseguenze più nefaste. Questo giocatore può e deve essere l’Europa, che su temi ambientali è LA superpotenza, che impone le regole del consumismo sia alla Cina che agli Stati Uniti. Questo giocatore deve dotarsi di una politica unica energetica, per non dipendere dalla Russia, ma anche militare, per non dipendere dagli USA e ridimensionare il ruolo della Turchia. Questo giocatore deve almeno puntare a essere la potenza regionale, disinnescando i nazionalismi al suo interno. Questo giocatore deve rilanciare la corsa allo spazio, con vettori propri, perché la corsa allo spazio è il veicolo di pace più potente di tutti: risorse, idee, prospettive, vengono completamente ribaltate dallo spazio. Questo giocatore deve stringere una alleanza strategica con l’Africa, perché il benessere del pianeta e soprattutto dei suoi abitanti umani non possono essere nelle mani di piccoli governi locali.
L’unica pace passa dall’Europa, che in questo momento storico deve svuotare il potere delle nazioni, strutture inadatte al XXI secolo, avendo anche l’umiltà di capire che altri, nel mondo, possono essere più avanti di noi: il Confederalismo Democratico ad esempio sembra costruito apposta per un continente piccolo, denso, che non vuole più gli Stati-Nazione ma una partecipazione attiva della sua cittadinanza alla base della propria civiltà.